la cima di Monte Triona |
Il Monte Triona è alto appena 1215 metri, meno di molte altre cime dei Monti Sicani, ma è una delle punte più significative, sia per la posizione dominante e centrale nel paesaggio sicano occidentale, tra le province siciliane di Palermo ed Agrigento, sia per le rocce sedimentarie mesozoiche, tra le più antiche di Sicilia, che affiorano sulla cima. Sono rocce calcare di aspetto nodulare, cariato e colore bianco, disposte in strati quasi orizzontali. I fossili che contengono sono bivalvi del genere Halobia, conodonti, calcisfere e radiolari, che indicano insieme ambiente di deposizione pelagico e scarpata distale, cioè mare aperto piuttosto profondo, lontano dalle coste e intervallo di deposizione tra la fine del Carnico, tutto il Norico ed il principio del Retico (220 e 200 milioni di anni fa). Carnico, Norico e Retico sono tre piani (intervalli di tempo) della parte superiore del periodo Triassico. Il Monte Triona è la punta più alta di un frammento triangolare di altopiano di circa 1100 metri di quota che comprende l'adiacente e irregolare Piano delle Giumente. Su questo altopiano affiora il resto della successione di rocce sedimentarie che i geologi raggruppano nel Bacino Sicano. Dai 200 milioni di anni fa delle rocce del Monte Triona arriviamo a rocce di circa 40 milioni di anni fa, cioè dell''Eocene. L'ambiente di deposizione, per questo lunghissimo intervallo di tempo rimane sostanzialmente quello di bacino marino profondo che si è trovato ad un certo punto a separare due piattaforme carbonatiche, una a nord detta "panormide" e un'altra a sud detta "saccense". A quota m744, ai piedi del nostro monte, è il paese di Bisacquino (Pa) che si trova su uno degli spartiacque sicani che a nord alimenta il ramo sinistro del fiume Belìce e a sud il fiume Sosio Verdura. Il Sosio ed il Belìce sfociano poi entrambi lungo la costa mediterranea. Il panorama a nord è l'imponente versante meridionale del gruppo
montuoso Barracù-Cangialoso, il terzo più alto dei sicani, m1457, questo versante è interessantissimo perchè espone un ampio intervallo di tempo geologico e mostra grandi linee di faglia che utili per lo
studio della tettonica distensiva infragiurassica e quindi utili per le ricostruzioni paleogeografiche dell'intera area sicana. Ad est del Triona si vede invece il rilievo
isolato di Monte Genuardo, area significativa per l'affioramento di una successione sedimentaria considerata di transizione tra il Bacino Sicano e la Piattaforma Saccense. La parte più antica di questa successione, infatti, coeva ai calcari pelagici del Monte Triona, è costituita da dolomie e calcari di piattaforma carbonatica con fossili di megalodontidi, grandi bivalvi tipici delle lagune di retroscogliera, mentre poi "annega" ed evolve anch'essa in bacino profondo con una successione sedimentaria simile a quelle dell'adiacente bacino sicano. Lo studio dell'evoluzione paleogeografica del bacino sicano e adiacenti domini è stato uno dei più interessanti argomenti di discussione geologica degli ultimi decenni. Questo tipo di ricerche si basa su rilevamento geologico, cioè il riconoscimento e la datazione delle rocce che affiorano in soperficie, e sullo studio delle faglie che hanno isolato e dislocato i corpi rocciosi. Lo scopo finale è la ricostruzione dei paesaggi del passato e quindi l'evoluzione geologica e tettonica di una regione. E' un lavoro lungo, basato sui contributi di generazioni di geologi ed è complicato dalla possibilità di diverse interpretazioni delle geometrie nel sottosuolo pur partendo dagli stessi dati di campagna. Non c'è, infatti, un modo univoco per interpretare come continuano in profondità le faglie e le testate di strato delle rocce che riusciamo facilmente ad osservare sulla superficie. Camminando in campagna possiamo misurare con precisione, e riportare su carta, inclinazione direzione e verso di ogni superficie, che sia uno strato di roccia o una faglia. Possiamo essere abbastanza certi che quella superficie proseguirà allo stesso modo nel sottosuolo per alcuni metri o decine di metri, ma poi, più ci spingiamo in profondità, più la nostra interpretazione delle
geometrie dei corpi rocciosi rischia di allontanarsi dalla realtà. Per potersi spingere oltre si ricorre ad altri dati, ad esempio quelli ricavati dallo studio di pozzi stratigrafici esplorativi e quelli forniti dai profili ottenuti con il metodo della sismica a riflessione. Quest'ultima consente di "vedere" le superfici di discontinuità nel sottosuolo che riflettono onde artificialmente indotte. Ma anche avendo a disposizone molti dati, anche precisi, da pozzi e profili sismici, rimane una certa libertà interpretativa della situazione del sottosuolo. Alcuni esempi di problemi interpretativi dei dati potete trovarli su alcuni dei post del blog Unofficial tectonics. Raramente capita ai non specialisti di poter dare un'occhiata alla fabbrica delle idee di argomento "tettonico", e attraverso i post, a volte polemici, di Francesco Vitale (autore del blog), potreste farlo. Tornando ai calcari del Norico di Monte Triona e cercando a livello regionale altre rocce della stessa età, unitamente a quanto sappiamo in genere sulla geografia europea della parte superiore del Triassico, possiamo proporre un'ipotesi di paesaggio che vede un bacino profondo in cui si depositarono i calcari con Halobia di Monte Triona mentre contemporaneamente esistevano due piattaforme carbonatiche (immaginatele come barriere coralline tropicali) sia a nord, la cosidetta piattaforma "pre-panormide", sia a sud dove esisteva un'altra piattaforma detta "saccense". Sul Triassico superiore, sui Monti Sicani, in questo stesso blog, c'è qualcosa qui.
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