Monte Zoccolaro

L'orlo della caldera visto dalla cima di Monte Zoccolaro
Circa 64.000 anni fa, dopo intensa attività eruttiva, uno strato-vulcano antenato dell'Etna, chiamato dal geologi Trifoglietto II, è collassato dentro la sua camera magmatica a formare, con quel che è rimasto del suo edificio, una enorme caldera subcircolare ancora perfettamente visibile sul fianco orientale dell'attuale Etna. L'Etna da allora ha iniziato a costruire il suo edificio vulcanico ad occidente dei resti del suo predecessore, ma, nonostante moltissime sue colate siano già fluite per migliaia di anni proprio dentro la grande caldera chiamata oggi Valle del Bove, non è ancora riuscito a colmarla. Due creste basaltiche semicircolari, una a nord e l'altra a sud coperte di boschi, circondano una vasta depressione nera e priva di vegetazione per le moderne colate dei crateri orientali dell'Etna. Sull'orlo meridionale della caldera c'è una punta alta m1739 chiamata Monte Zoccolaro che offre un magnifico panorama sulla Valle del Bove, sulla sottostante Valle Calanna e sulla parte orientale della sommità dell'Etna. Il nome le deriva dal suo essere boscosa, zucco infatti regionalmente indica un ciocco di legno ed i versanti del Monte Zoccolaro e dell'adiacente Monte Pomiciaro, sono coperti di boschi: faggi, pioppi tremuli, castagni, ginestre, aceri, e querce. La cresta basaltica che chiude a nord la Valle del Bove presenta i resti di un cratere avventizio chiamato Monte Rinatu alto 1569 metri s.l.m. e secondo punto di vista sulla grandiosa caldera.

La Valle del Porco (Monte Pellegrino)

Roccia calcarea
scannellata dal carsismo
e cariata dalla chiocciola
Erctella mazzullii
(De Cristofori & Jan, 1832)
E' la valle più ampia e profonda del promontorio calcareo palermitano Monte Pellegrino, domina sul Parco della Favorita. E' ricca di macchia mediterranea e di flora rupestre. E' percorsa da un sentiero a gradoni, antico percorso devozionale, almeno dal Medioevo, che porta al piano sommitale del promontorio nei pressi del Gorgo di Santa Rosalia. Il Gorgo è un invaso temporaneo artificiale prospiciente la Grotta-santuario omonima e funzionale all'allevamento di bovini sull'altopiano, ma è anche sito di riproduzione del rospo smeraldino (Bufotes siculus) ed ospita una complessa comunità di crostacei, insetti, alghe ed altri organismi d'acqua dolce caratteristici degli ambienti umidi temporanei. Alla base della valle sono state costruite, all'inizio dell'ottocento, le scuderie reali borboniche che oggi ospitano uffici comunali. Lungo il percorso di salita si nota, incisa sulla roccia, una scritta devozionale di età bizantina in lettere greche. Le pareti calcaree sono caratteristicamente traforate dall'helicidae Erctella mazzullii, una chiocciola globosa capace di sciogliere la roccia calcarea, e solcate dalla corrosione carsica con evidenti solchi a doccia verticali. La vegetazione è lussureggiante: grandi esemplari di Euphorbia dendroides, qualche palma nana, arbusti di Phyllirea, ruta, carrubo, frassino, leccio, ulivo selvatico ecc. Allo sbocco alto della valle è una annosa pineta frutto di rimboschimenti forestali degli anni cinquanta. Per accedere ai sentieri dal basso occorre aggirare le ex scuderie reali, a destra o a sinistra dell'edificio basso e lungo. Poco distante, a nord dell'imbocco della valle, alla base delle pareti orientali di Monte Pellegrino, si apre il piccolo antro della Grotta Niscemi, protetto da un cancello di ferro. La grotta è nota per le incisioni paleolitiche di bovidi ed equidi. Interessantissime le chiocciole che vivono tra le rupi calcaree. Accennavamo alla chiocciola Erctella mazzullii capace di sciogliere il carbonato di calcio con la bava  per creare nicchie a sezione circolare in cui trovare rifugio. Le nicchie a grappolo scavate da questa specie sono sfruttate da un'altra chiocciola rupestre chiamata Marmorana platychela, che ha potuto assumere aspetto globoso. Le sue più strette parenti sono infatti tutte piuttosto piatte per poter accedere alle strette fessure naturali tipiche delle rocce sedimentarie.

Foce del Platani

Il coccolitoforo Gephyrocapsa oceanica
Uno dei paesaggi più suggestivi della Sicilia è senza dubbio la costa mediterranea, grazie soprattutto alle pareti di marne bianche che sovrastano il mare e le spiagge di sabbia. La marna è una roccia tenera e farinosa costituita per circa metà d'argilla e per l'altra metà da calcare. Di queste falesie e della loro genesi si è già parlato in questo Blog a proposito della località Scala dei turchi. Si disse che la componente calcarea è costituita da gusci e frammenti di gusci di foraminiferi e da scaglie di carbonato di calcio, le coccoliti, formate dai coccolitoforidi. Questi due gruppi sono significative componenti del plancton marino. La componente argillosa è invece la frazione fine dei sedimenti trasportati dai fiumi al mare che per le ridotte dimensioni riesce a mantenersi in sospensione per lunghe distanze. L'aspetto scientifico più interessante di questi sedimenti pelagici è la ciclica riproposizione delle litologie. Strati con una maggiore o minore percentuale calcarea, evidenziati da maggiore o minore resistenza all'erosione e dal colore, alternano con estrema regolarità per parecchie decine di metri di spessore di sedimenti. Questi ritmi sembrano essere la migliore evidenza dell'influenza dei cicli astronomici millenari sulla vita planctonica. Alla destra della foce del Platani si alza l'alta e bianca scogliera del Pliocenica sovrastata da un  sottile strato di calcarenite giallastra del Pleistocene su cui sorgeva la colonia greca Eraclea Minoa.

marciapiede a vermetidi



Dendropoma petraeum (Mont., 1884)
 Lungo le coste rocciose della Sicilia nord-occidentale si nota spesso una sorta di marciapiede che orla gli scogli, prolunga la costa verso il mare e alterna sei ore di sommersione a sei di emersione. La posizione intermedia tra massimi e minimi di marea (fascia intertidale) non è casuale. Il marciapiede è infatti costruito da molluschi che vivono cementati l'uno accanto all'altro nutrendosi di microorganismi e frammenti organici in sospensione nelle acque costiere superficiali. I molluschi che costruiscono il marciapiede (clicca sulla foto sopra per vederla ingrandita) appartengono alla famiglia dei Vermetidae.
Marciapiede, Golfo del Cofano
I Vermetidi hanno conchiglia di forma irregolare che si accresce cementata sul substrato ed è dotata, a chiusura, di un opercolo corneo. Per intrappolare il cibo in sospensione questi animali costruiscono una rete di filamenti mucillaginosi che poi riassorbono. Per favorire l'incontro dei gameti la loro emissione è sincrona e coordinata in occasione di particolari condizioni di marea. In Sicilia, per le caratteristiche della circolazione oceanica del Mediterraneo, questi animali riescono a colonizzare prevalentemente le coste nord-occidentali.



Monte Genuardo

Bosco di Donna Carolina
Tra i paesi di Sambuca di Sicilia, Contessa Entellina e Giuliana si eleva il Monte Genuardo (m1180), un rilievo tabulare costituito da una successione sedimentaria carbonatica mesozoica formatasi a partire dal Triassico superiore. In prossimità della cima affiorano anche basalti sottomarini, le lave a cuscino (pillow lavas), risultato di effusioni di magma avvenute sul fondo della Tetide intorno a 135 milioni di anni fa. La Riserva Naturale Orientata Monte Genuardo e Santa Maria del Bosco è stata istituita nel 1997 per tutelare il pregevole bosco misto di leccio (Quercus ilex), e querce del gruppo polimorfo della roverella (Quercus pubescens s.l.) che si sviluppa sull'altopiano sommitale digradante dolcemente verso nord. Il leccio prevale su terreni acclivi con rocce affioranti mentre le querce caducifoglie occupano suoli più profondi e meno acclivi. Alcuni esemplari monumentali di Quercus virgiliana (appartiene al gruppo delle roverelle) si trovano soprattutto isolati o in filare tra i campi coltivati subito a nord del confine dalla riserva. Alle querce si associano frassini (Fraxinus ornus) e aceri (Acer campestris), localmente anche i ciavardelli (Sorbus torminalis). La presenza di quest'ultima essenza arborea permette ai fitosociologi di inquadrare parte del bosco di ambiente fresco del versante settentrionale, nell'associazione Sorbo torminalis-Quercetum virgilianae, dell'alleanza Quercion ilicis.
Abbeveratoio del Pomo
Intorno all'abbazia di S. Maria del Bosco si può osservare un denso lecceto insolitamente governato a fustaia. Per i rimboschimenti forestali, che in quest'area sono molto estesi, sono stati usati soprattutto il pino d'Aleppo (Pinus halepensis) ed il Pino domestico (Pinus pinea). Sul versante meridionale si incontrano anche rimboschimenti di mirtacee esotiche come l'Eucaliptus camaldulensis. Le radure somminali intorno alla cima del Genuardo sono dominate da campi aperti e pascoli che in primavera offrono splendide fioriture di Orchidaceae e Iridaceae, tra cui l'Iris lutea. Tra gli uccelli è segnalato il falco lodolaio (Falco subbuteo) che vive in zone aperte vicino ai boschi, la Coturnice siciliana (Alectoris graeca whitakeri), associata alle coltivazioni estensive di graminacee e ai pascoli montani e il picchio rosso maggiore (Picoides major) nei boschi. Tra i mammiferi sono presenti la martora (Martes martes), la donnola (Mustela nivalis), l’istrice (Hystrix cristata) e la volpe (Vulpes vulpes). Gli anfibi includono il rospo smeraldino (Bufo siculus) e la raganella (Hyla intermedia). Interessanti per la fauna invertebrata d’acqua dolce (anostraci, ostracodi, copepodi ecc.), sono gli stagni temporanei, piccoli e numerosi sul versante settentrionale del rilievo. Dalla primavera all'autunno è facile osservare almeno cinque specie di mantidi (ordine Mantodea): Iris oratoria, Mantis religiosa, Ameles spallanzania, Ameles decolor e Geomantis larvoides. Tra le numerose specie di farfalle diurne incontriamo soprattutto i Satyridae Hipparchia briseis e Hipparchia statilinus, i cui bruchi vivono sulle graminacee, e la Nymphalidae Melitea didyma, la cui larva si sviluppa su piante dei generi Plantago, Linaria e Veronica. Splendidi coleotteri si possono incontrare nei querceti tra cui un grande cerambicida (Morimus asper) e il raro cervo volante (Lucanus tetraodon sicilianus).
Tremella mesenterica
Il bosco in inverno è molto umido e ricco di acque ruscellanti, funghi e soprattutto muschi e licheni. Tra i rametti caduti al suolo, è molto appariscente il piccolo fungo Sarcoschypha coccinea, chiamato tazzetta rossa per forma e colore, mentre tra i rami cresce la Tremella mesenterica, un fungo gelatinoso giallo trasparente.

Serra del Frassino e Valle delle Neviere

Bordo di una neviera
La Pizzuta (m 1333) è la punta più alta dei "Monti di Palermo" e forma, insieme alle cime adiacenti Maja e Pelavet (m 1279) e Serra del Frassino (m 1310), un gruppo di rilievi che racchiudono l'ampia ed erbosa Valle delle Neviere, orientata a Nord. Questo orientamento, e le quote intorno a m 1300, che chiudono tutte le esposizioni eccetto quella settentrionale, determinano un clima locale fresco e umido tutto l'anno e la concentrazione delle precipitazioni invernali.
Rudere della Casa Neviera
Quest'area è anche il luogo nelle vicinanze di Palermo in cui in inverno si accumula più neve e si conserva per più tempo. Quest'ultima proprietà, fino a non moltissimi anni fa, era sfruttata per la produzione di ghiaccio da usare nei mesi primaverili ed estivi. In inverno si raccoglieva e pressava la neve all'interno di conche costruite appositamente per questo scopo: le neviere. Il versante ovest della Pizzuta, a circa m1250 di quota, ospita una piccola popolazione di agrifoglio (Ilex aquifolium).
Ilex aquifolium
L'agrifoglio è pianta che necessita di clima umido e tollera soltanto un breve intervallo di aridità estiva. La sua presenza testimonia, se non altro, che l'umidità nel corso dell'anno, in questa località, è simile a quella che si può riscontrare a quote simili sulle Madonie e sui Nebrodi dove la pianta si presenta con popolamenti di maggiore consistenza. Gli agrifogli sono considerati piante "arcaiche", laurifille che appartengono ad una flora europea di clima caldo-umido che era dominante prima delle oscillazioni climatiche fredde del Pleistocene. Oggi queste piante sono solo localmente abbondanti, come sottobosco di querceti e faggete, ed in Sicilia trovano la loro ideale fascia altitudinale tra le quote m 1300 e m 1500.
Versante nord della Pizzuta
Tra le altre piante che confermano il microclima fresco locale, c'è anche un sorbo a foglia intera, il Sorbus graeca (Spach) Kotschy, che è pianta sporadica tra i faggi o sui brecciai delle Madonie e qui cresce, davvero isolata, all'ombra delle pareti di roccia della Pizzuta esposte a Nord, sul versante rivolto a settentrione della Valle delle Neviere. Una interesante e appariscente viola endemica, la Viola ucriana Erben & Raimondo, di colore giallo pallido e sottili venature viola, cresce invece sul versante settentrionale della Serra del Frassino. Alla base del rilievo di Maja e Pelavet è la Portella della Ginestra (m 850), luogo noto per la strage operata nel 1947 dalla banda Giuliano contro la folla che si radunava per la festa dei lavoratori del I° maggio. La portella (è una sella) separa il rilievo di Maja e Pelavet dal Monte Kumeta (m 1099), altra cima interessante del comprensorio, soprattutto per i calcari mesozoici che la costituiscono e che conservano, tra le altre cose, tracce sedimentarie di una antica fase di emersione dal mare e successivo riaffondamento. Tracce come queste sono molto utili per affinare le ricostruzioni paleogeografiche del Mediterraneo.
Valle dello Jato dalla Serra del Frassino
Il panorama da questi rilievi è molto vasto, comprende ad est la piana di Piana degli Albanesi e Santa Cristina Gela con l'imponente mole della Rocca Busambra sullo sfondo, la Valle dello Jato ed ovest circondata a nord dai rilievi del gruppo di Pizzo Mirabella e a sud da quelli di Monte Jato, la Valle dell'Oreto a Nord.

Monte Cofano

Il palmeto di contrada Macarese
sovrastato da imponenti conoidi
di deiezione


Il Monte Cofano (m659) è un promontorio calcareo sul mare della provincia settentrionale di Trapani. Ha aspetto dolomitico e appare quasi inaccessibile da ogni versante. Soprattutto la porzione occidentale e meridionale del rilievo presenta alte pareti in erosione ed enormi accumuli di detriti raccolti in imponenti conoidi di deiezione coalescenti. Il crollo e l'accumulo di detriti di varie dimensioni è continuo e si notano in parete nicche di distacco anche molto recenti. Alcuni grossi massi staccatisi dalla pareti rocciose si sono fermati sulla piattaforma di abrasione (superficie pianeggiante derivante dal progressivo smantellamento e arretramento di una costa alta a opera del moto ondoso) di contrada Macarese a punteggiare di bianco il verde palmeto nano di Chamaerops humilis che caratterizza questo versante.
Golfo del Gofano e rupi
Le pareti rocciose del promontorio, soprattutte quelle del versante settentrionale, più umido, sono ambiente rifugio di un certo numero di specie di molluschi polmonati. Una chiocciola endemica di Monte Cofano si chiama Siciliaria crassicostata, ha una conchiglia dall'angolo spirale molto stretto, lunga quasi tre centimetri. E' ornata da coste assiali parallele interrotte dalle suture delle spire, avvolgimento sinistrorso e apertura scampanante a chiusura di un forte restringimento dell'ultima spira. Appartiene alla famiglia dei Clausilidi, la più ricca di specie dopo quella degli Helicidi. I Clausilidi, tutti erbivori, sono considerati caratteristici delle catene montuose perchè popolano gli anfratti delle pareti di roccia. La caratteristica che raggruppa tutti i generi di questa famiglia è il “clausilio”, un elemento elastico che permette all'animale di chiudere l'ingresso della conchiglia. Il genere Siciliaria è tutto siciliano e comprende una decina di specie. In Sicilia quasi metà delle circa 250 specie di molluschi terricoli è esclusiva dell’isola. Tra le rupi del Monte Cofano si notano anche grappoli di fori circolari, più o meno coalescenti, più o meno profondi. E' il risultato dell'azione di un'altra chiocciola endemica siciliana, il Cornu mazzullii, capace di corrodere chimicamente la roccia calcarea. La conchiglia è lunga circa 3 centimetri ed ha angolo apicale retto e quindi la spira risulta ben panciuta. Scavando delle nicchie il mollusco crea un ambiente in cui può rifugiarsi. Le pareti di roccia abitate dai molluschi sono in genere ricche di flora rupestre. Molte piante mediterranee in inverno sono piena fioritura o in piena vegetazione perchè possono disporre dell'umidità necessaria e di un clima che si mantiene piuttosto mite tutto l'anno. Molto appariscenti sulle pareti calcaree sono i fiori blu-elettrico della Lithodora rosmarinifolia,
Lithodora rosmarinifolia
quelli violetti della Micromeria graeca e quelli bianchi dell’Iberis semperflorens. Quest'ultima è una crucifera il cui areale è limitato alla Sicilia occidentale, le Egadi e Capo Palinuro. Interessante osservare anche i pascoli con le fioriture invernali delle geofite e delle prime orchidee. Una pianta endemica che inizia a fiorire adesso è la Romulea linaresii, una piccola liliacea di colore violetto. Altri ambienti straordinari del Monte Cofano sono gli stagni temporanei. Il più esteso e conosciuto è il Gorgo Cofano che si trova sulla sella orientale di quota m249. E' una pozza circolare che mantiene l'invaso per circa sei mesi l'anno ed è circondata da pascoli. Ospita una delle più ricche comunità di entomostraci (crostacei) della Sicilia. Convivono insieme anostraci dei generi Chirocephalus e Branchipus
Chirocephalus diaphanus
lunghi circa 1,5 centimetri, e almeno tre diverse specie di copepodi calanoidi (piccoli gamberetti rossi). Presenti anche ostracodi e concostraci. A questi ultimi due gruppi appartengono i crostacei dotati di conchiglia bivalve, molto piccola, circa 1 millimetro, e globosa quella dei primi, più grande, circa mezzo centimetro, sottile, rossastra e trasparentei quella dei secondi. I concostraci è più facile osservarli nelle pozze temportanee di contrada Macarese che hanno tempo di invaso molto più breve. Questi crostacei sono erbivori e il loro predatore naturale è ancora un crostaceo appartenente al genere Triops che può superare i due centimetri di lunghezza e ricorda molto per aspetto un minuscolo Limulus. Due anfibi tutelati da normative comunitarie depongono le loro uova al Gorgo Cofano: il rospo smeraldino Bufo siculus e il discoglosso Discoglosus pictus. La superficie del Gorgo cofano presenta stagionalmente anche la spettacolare fioritura di un ranuncolo acquatico: il Ranunculus baudotii
Ranunculus baudotii
Per raggiungere la cima di Monte Cofano esiste un ripido ed esposto passaggio roccioso nel versante orientale, sconsigliato ai non esperti, molto semplice invece, e ricco di curiosità naturalistiche, ma anche storiche e cuturali, è il periplo del Monte Cofano, su comodi sentieri. Lungo la costa partendo dal Golfo del Cofano e seguendo l'antica Regia Trazzera litoranea, si incontrano in successione un'imponente torre di avvistamento spagnola, cui sorgeva a fianco una tonnara non più esistente, una trincea ed un traforo di tipo militare di epoca incerta, una tavola in marmo del 1750 raffigurante San Nicola di Bari, posta alinizio della parte più ripida ed esposta del versante a protezione dei viandanti, una cappelletta e una grotta di interesse archeologico e paleontologico (Grotta del Crocifisso), una seconda torre costiera. Dopo la torre inizia la contrada Macarese dove si infittisce il palmeto a Chamaerops humilis di cui scrivevamo all'inizio che termina a ridosso delle case della Cala Buguto. Lungo la costa rocciosa che circonda il promontorio è osservabile, a mare, quasi senza interruzioni, il marciapiede a Vermetidi, una scogliera costruita da molluschi che fissano la loro irregolare conchiglia nella fascia intertidale.
Erica sicula
Gli scogli calcarei in prossimità del mare ospitano flora alofila con Limonium sp. e Crithmum maritimum (Finocchio marino), questa cede il passo verso monte ad una gariga ad Ampeodesmos mauritanicus, palme nane e Calicotome infesta. Nei pressi della Grotta del crocifisso, insieme ad altre piante rupestri, cresce l'Erica sicula altra pianta straordinaria e poco diffusa. L’isolamento orografico del Monte Cofano ha determinato la differenziazione di alcuni endemismi botanici per la cui conservazione l’area è oggi posta sotto tutela.

Pizzo Ciaramita

Sulle creste di Pizzo Ciaramita
Il toponimo più evidente lungo il percorso per il Pizzo Ciaramita è Serra Raffi, comprendente una lunga cresta di oltre tre chilometri che dal letto del Fiume Eleuterio, a circa m 270 s.l.m, sale al Pizzo Raffo a quota m 897. Raffo è toponimo di origine araba, dal significato generico di scalinata, che incorre frequente in Sicilia in quelle contrade dove gli strati rocciosi affioranti conferiscono ai versanti aspetto gradonato. Serra Raffi è parallela all'altrettanto lungo e suggestivo Vallone del Corvo che delimita a sud-ovest il versante occidentale del Monte Gulino (m 847), con i suoi numerosi cozzi, interamente ricoperto da una estesa pineta. Il Vallone del Corvo culmina in un'ampia sella erbosa e panoramica, a quota m 717, che separa il roccioso, e per metà boscoso, Pizzo Ciaramita (m 821) dalla sommità della Serra Raffi, che prosegue e culmina poi nel Pizzo Cervo (m 946). Anche il toponimo ciaramita ha origine araba e ricorre frequente, con diverse varianti, tra i nomi di luoghi di Sicilia. Il significato è tegola o, più genericamente, terracotta. Solitamente incorre in quei luoghi dove è facile trovare frammenti di terracotta (ceramiti) tra ruderi di antichi fabbricati. Dalla sommità della “tegola” si gode di un magnifico panorama sull'altopiano carsico del Mezzagno, sulle campagne di Misilmeri e Marineo, sulla Valle dell'Eleuterio, sulla Rocca Busambra e sulla costa settentrionale ad est del monte Catalfano (Bagheria). Il punto di partenza per l'escursionie, sul letto del Fiume Eleuterio, è la contrada Risalaimi. Anche questo è un toponimo arabo e significa grossomodo testa della sorgente. Le sorgenti che vi affiorano sono captate per uso potabile e attorno ai ruderi dell'antico Casale Risalaimi, sono sorti gli impianti di potabilizzazione (quello vecchio e quello nuovo inaugurato nel 2011), dell'acqua proveniente anche dal bacino artificiale di Scanzano. Il casale Risalaimi, di origine araba, fu abbandonato solo intorno al 1850. Parte degli affreschi di Tommaso De Vigilia, realizzati intorno al 1470 all'interno della chiesa rurale di Risalaimi, furono trasferiti sul finire dell'800 a Palazzo Abbatellis a Palermo. Lungo il primo tratto del sentiero si incontra una radiolarite del Giurassico, depositatasi tra circa 180 e 150 Ma (Toarciano sup.- Titonico, Ma = milioni di anni fa) E' una roccia sedimentaria pelagica che caratterizza ambienti deposizionali profondi dove l'elevata pressione impedisce l'accumulo del carbonato di calcio (vedi Lisoclino). La radiolarite è costituita prevalentemente da scheletri silicei di Radiolari, protozoi del plancton marino i cui scheletri si accumulano ancora nei fondali profondi a costituire fango siliceo. Poco piu in alto, lungo la Serra Raffi, si incontrano invece calcari a Crinoidi con Brachiopodi e Foraminiferi bentonici. I Crinoidi appartengono al Phylum degli echinodermi, parenti stretti dei ricci di mare. Hanno uno scheletro interamente costituito da piastrine calcaree, di varia forma, che alla morte dell'animale si accumulano nei sedimenti. Il loro corpo è costituito da una teca a simmetria pentaraggiata, spesso ancorata al substrato tramite un peduncolo, sormontata da cirri più o meno ramificati. Ricordano dell'insieme un giglio, da cui il nome italiano di giglio di mare dato alle forme attualmente viventi. Queste rocce, sempre giurassiche, sono di poco più antiche delle radiolariti (190-180 Ma, Sinemuriano sup. Toarciano inf.).
Rocce del Carnico-Retico
Procedendo nel Vallone Corvo e fino alla sommità del Monte Gulino, si passa a rocce ancora più antiche: "calcari con selce alternati a marne fissili grigio-verdi" con radiolari, bivalvi pelagici, ammonoidi e conodonti. Si tratta di rocce del Triassico superiore formatesi sempre in ambiente pelagico (lontano dalla costa) tra il Carnico Superiore ed il Retico, (tra circa 228 e 200 Ma). L'erosione differenziale ha scolpito questi calcari in forme frequentemente meravigliose.

Pizzo di Valle del Fico

Meta classica dell'escursionismo invernale palermitano, il Pizzo di Valle del Fico è un rilievo calcareo alto 788 metri, la cui sommità è un'ampia sella erbosa scarsamente alberata ed estremamente panoramica: una terrazza su Palermo e la Conca d'Oro. Le rocce della sommità conservano una ricca flora rupestre tra cui, in piena fioritura invernale, si trova l'Iberis semperflorens L., una brassicacea endemica delle rupi calcaree della Sicilia occidentale. Il Pignatti, autore di un'opera monumentale sulla flora d'Italia, che per evidenti ragioni di spazio è solitamente estremamente conciso e distaccato nella descrizione delle piante, per l'Iberis semperflorens si dilunga più del solito e nelle note scrive: “Questo gioiello della flora siciliana è accentrato in stazioni rupestri delle quali costituisce splendido ornamento”. Insieme all'Iberis si notano i cespugli emisferici dell'Euphorbia bivonae in piena vegetazione. I versanti settentrionali presentano anche un'importante  ricrescita del leccio e di altre essenze mediterranee all'ombra del rimboschimento forestale. Seguendo le creste si più arrivare a Cozzo Orecchiuta, ma il percorso è privo di sentiero.
Il Pizzo di Valle del Fico domina da nord la valle omonima che è la più evidente discontinuità nella catena di rilievi che dalla Pizzuta, m1333 a Monte Grifone m832 chiude a sud la Valle de Fiume Oreto. La Valle del Fico devia verso il fiume Oreto una minima parte delle acque che interessano l'ampio altopiano carsico che si estende tra le valli dei fiumi Eleuterio ed Oreto. Sulla sommità si apre anche l'ingresso di un pozzo carsico profondo circa 50 metri: U Cannacu di Valle del Fico.