Passeggiata tra crosta e mantello


Tabellone del sentiero geologico a
 Vogogna in Val d'Ossola
Molti conoscono il romanzo di fantascienza Viaggio al centro della Terra (Jules Verne, 1864) in cui i protagonisti riescono a raggiungere il nucleo terrestre attraverso il camino di un vulcano islandese. E' passato molto tempo da quando il libro fu scritto, ma nonostante i nostri accresciuti magici poteri non riusciamo ancora a scendere nel sottosuolo per più di una dozzina di chilometri (che a pensarci non è già impresa da poco). Se non possiamo andare oltre, tuttavia, non è detto che nulla possiamo conoscere dell'interno del nostro pianeta, anzi, già 45 anni più tardi, nel 1909, il geofisico croato Andrija Mohorovičić, tramite lo studio delle onde sismiche, scoprirà che esiste, a circa 40 km di profondità, una superficie di discontinuità fisica che separa il mantello dalla crosta terrestre, la Discontinuità di Mohorovičić abbreviata in "Moho". Se la cosa vi incuriosisse abbastanza e voleste andare a vedere da più vicino questa superficie, potreste farlo senza bisogno di scavare un pozzo profondo quaranta chilometri e senza attraversare il camino infuocato dell'Etna. E' molto più efficace allo scopo, e anche di grande soddisfazione, una passeggiata su un comodo sentiero geologico, ben tracciato e ricco di tabelle esplicative, che parte dall'abitato di Vogogna, paese ai piedi di alte montagne dai ripidissimi versanti, nella stupenda Valle Ossola e nel Parco della Val Grande. Il grande interesse geologico per l'area è motivato dall'affioramento di rocce con caratteristiche che rivelano la loro genesi alle profondità di circa 35-50 km, nella crosta continentale profonda, prossima al mantello. Eccoci così arrivati in carne ed ossa li dove Jules Verne solo immaginò di passare per continuare fino al nucleo. Agli appassionati di storie geologiche consiglio, a proposito, la lettura di un testo divulgativo di Richard Fortey dal titolo "Terra, una storia intima". Ad un certo punto egli scrive che "i minerali non mentono mai; ci dicono esattamente le condizioni di temperatura e pressione a cui le rocce sono state sottoposte ...". Questo principio, che sta alla base della ricerca petrografica, rende possibile il nostro viaggio fino alla Moho, perché riconoscendo minerali o associazioni di minerali che si formano a ben precise condizioni di temperatura e pressione, possiamo stabilire a quale profondità si trovava la roccia al momento della sua formazione o al momento della sua metamorfosi. Con lo stesso principio sapremo di essere arrivati alla Moho non appena riconosceremo le rocce ultrabasiche (con basso contenuto in silice, meno del 45%) che caratterizzano il mantello. Lungo il nostro sentiero incontriamo rocce metamorfiche, cioè rocce di varia origine e storia che hanno subito ulteriori importanti trasformazioni a causa delle elevate pressioni e temperature dell'ambiente in cui sono state trascinate dalla tettonica. Il viaggio verso la Moho, inizia attraversando rocce dette "filloniti" o "miloniti di aspetto filladico", sono gli "Scisti di Fobello e Rimella", sottilmente laminati con lamine di minuti cristalli di quarzo e di mica che si sono formati per metamorfismo di micascistigneiss occhiadini, preesistenti, strizzati in area di grande faglie. La grande faglia infatti la incontriamo subito dopo, procedendo lungo il sentiero, ed è una delle più studiate d'Italia. Si estende per tutto l'arco alpino da est ad ovest, assume localmente diversi nomi tra cui quello più noto è Linea Insubrica, ma qui in Piemonte è conosciuta come Linea del Canavese. Le rocce che si trovano a nord di questa linea sono considerate appartenenti al paleo continente europeo, quelle che si trovano a sud della stessa sono ancora rocce crostali, ma appartenenti al paleo-continente africano. Siamo lungo il fronte di scontro tra continenti che è alla base dell'orogenesi alpina, il grandioso e complicatissimo processo deformativo che ha portato in affioramento rocce che in origine erano profonde 30-50 km dalla superficie e che ci consente adesso di "vedere" la Moho e piccole porzioni superficiali del mantello terrestre, alla luce del sole. L'area a sud della Linea del Canavese, è stata denominata dai geologi "Zona Ivreo-Verbano" e la roccia metamorfica "africana" che qui incontriamo a sud della grande faglia, si chiama granulite mafica.
Granulite mafica
La granulite è una roccia metamorfica di alto grado, che si forma nella crosta inferiore a temperature superiori a 700°C e pressioni intorno a 5-15 kb. E' costituita da minerali chiari, i feldspati (plagioclasio e feldspato alcalino pertitico), caratterizzati da silicio e alluminio (sialici), e da minerali scuri, femici (con ferro e magnesio), come granato (pyralspite), ortopirosseno (ricco in Al) e clinopirosseno (diopside). Nel nostro caso abbiamo una granulite mafica, cioè particolarmente ricca di minerali contenenti magnesio e ferro e i cristalli scuri superano il 30% di tutti i cristalli, mentre con una percentuale inferiore si sarebbe chiamata granulite sialica. Alla base di queste rocce, sempre continuando il sentiero, si incontra un'altra linea di discontinuità che separa le granuliti mafiche della crosta profonda "africana" dalle peridotitiserpentiniti di pertinenza del mantello.
Cristalli di Granato nelle Granuliti
Questa superficie, qui deformata ed esposta, ma che un tempo si trovava a circa 40 chilometri di profondità, può essere considerata la discontinuità di Mohorovičić: siamo arrivati. Le peridotiti sono rocce ultrabasiche contenenti olivina (un nesosilicato tipico di rocce povere in silice) almeno per il 40% di tutti i cristalli e poi ortopirosseno e clinopirosseno in percentuali variabili. Nel nostro caso, poiché la percentuale di ortopirosseno supera il 95% di tutti i pirosseni presenti (c'è quindi solo 5% di clinopirosseno), la roccia prende il nome di hartzburgite.
Serpentinite
Le peridotiti si formano nella parte superiore del mantello e spesso vanno incontro al processo metamorfico di serpentinizzazione che comporta la trasformazione dei cristalli di olivina e di pirosseno in minerali del gruppo dei serpentini. I "serpentini" sono i silicati lizardite, crisotilo e antigorite. Altro cristallo che si forma con il processo di serpentinizzazione è la magnetite, il minerale più ricco in ferro (72,5%) esistente in natura che spesso fa assumere alla roccia il colore della ruggine.
La serpentinite, che qui è possibile osservare, è una roccia derivata dal metamorfismo con forte idratazione di una precedente peridotite. Finisce il sentiero geologico e per adesso il nostro breve viaggio verso il centro della Terra ( a questo collegamento trovate la mappa del percorso). Per proseguire verso il nucleo... per adesso, occorre tornare a consultare le onde sismiche.

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